Controstoria del liberalismo by Domenico Losurdo

Controstoria del liberalismo by Domenico Losurdo

autore:Domenico Losurdo
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2014-08-07T04:00:00+00:00


3. Invenzione della cittadinanza passiva e della libertà negativa e restrizione della sfera politica

Costretta dalla lotta condotta dagli esclusi a concedere loro almeno la cittadinanza passiva, la comunità dei liberi si trova presto a dover fronteggiare una nuova sfida al suo esclusivismo. Già nel giugno 1790 Marat fa così polemizzare, contro l’«aristocrazia dei ricchi», un rappresentante degli «sfortunati» ai quali è negata la cittadinanza politica: «Ai vostri occhi noi siamo sempre la canaglia»26. D’altro canto, abbiamo visto Robespierre paragonare agli schiavi i non-proprietari esclusi dai diritti politici: la concessione della cittadinanza passiva non ferma la lotta per il riconoscimento.

Alle obiezioni delle correnti più radicali emerse nel corso della rivoluzione francese cerca di rispondere Constant: no, il non-proprietario escluso dal godimento dei diritti politici non può essere confuso con lo schiavo27. Al contrario del secondo, il primo, al pari di tutti gli altri cittadini, è protetto dalla legge e gode di piena libertà nell’ambito della sua sfera privata, e in ciò risiede l’essenza della libertà moderna. In Inghilterra e in America, nel corso del conflitto con la monarchia, la comunità dei liberi aveva rivendicato una ben diversa libertà, per nulla disposta a rinunciare alla gestione della cosa pubblica. Ma è chiaro che questa piattaforma non può sopravvivere all’emergere di un movimento di lotta delle classi popolari, che protesta contro l’esclusione dai diritti politici e al tempo stesso pretende di modificare i rapporti di lavoro e le condizioni materiali di vita. L’élite dominante sviluppa ora un discorso ben diverso: la partecipazione alla vita politica non è un elemento essenziale della libertà; in secondo luogo i rapporti di lavoro e le condizioni materiali di vita rientrano in una sfera eminentemente privata, ed è dunque assurdo e illecito volerle modificare con l’azione politica.

Il nuovo discorso non s’impone di colpo e subito con piena coerenza. Constant si lascia sfuggire l’ammissione che il datore di lavoro è di fatto «padrone» dell’«esistenza» dell’operaio. Ma ancora più significativa è l’oscillazione che possiamo sorprendere in Macaulay. Nel battersi nel 1831 per l’emancipazione politica degli ebrei, il liberale inglese respinge senza esitazioni la tesi secondo cui si deve distinguere fra diritti civili e diritti politici e l’esclusione da questi ultimi non sarebbe un elemento di «mortificazione» e discriminazione per nessuno: in realtà, si tratta di sofismi, che mirano solo a giustificare «un sistema pieno di assurdità e di ingiustizie»28. La polemica è dura ed efficace, ma l’autore liberale si guarda bene dall’intervenire, oltre che a favore dei proprietari di religione ebraica, anche delle masse popolari inglesi!

Un’analoga considerazione può essere fatta valere anche per altri esponenti della tradizione liberale. Nel considerare il godimento dei diritti politici un elemento essenziale della libertà, i giacobini non argomentano in modo diverso dai rivoluzionari americani: ma in Burke alla proposta di «conciliazione» coi coloni ribelli, che con la loro rivendicazione del diritto di rappresentanza hanno confermato di essere degni membri della comunità dei liberi, fa seguito il bando della crociata contro una rivoluzione ormai diretta dalla canaglia, che ha rivendicato e strappato i diritti politici.



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